Ieri, mercoledì 16 dicembre, si è tenuto l’assemblea annuale di Confesercenti. Ecco di séguito la relazione della presidente Patrizia De Luise.
Un caro saluto a tutti voi, fra poco ci lasceremo alle spalle il 2020. Un anno che, a differenza di tutti quelli che abbiamo fino ad ora vissuto, è iniziato il 22 febbraio. Da lì le prime zone rosse e poi, dal 9 marzo, tutto il Paese in lockdown. Tutto è cambiato: le nostre abitudini, il nostro lavoro, la nostra vita in famiglia, persino la fiducia nella scienza e nella medicina! Le paure e le preoccupazioni da allora ci hanno accompagnato e sono ancora con noi.
70 milioni di contagi nel mondo, oltre 1.5 milioni di decessi. Nel nostro Paese oltre 60.000 decessi. Il Covid19 una tragedia di dimensioni inimmaginabili. Per combatterlo e sconfiggerlo ciascuno di noi ha fatto e continua a fare la propria parte. Ci siamo trovati all’improvviso più fragili e più soli, con una grande incertezza e preoccupazione verso il futuro. Un senso di vuoto, di impotenza, ma anche un grande impegno per fare tutto il possibile per trasformare questa pandemia in un’opportunità e trovare anche soluzioni alla precedente “normalità”.
Voglio per questo ringraziare i Presidenti, i Direttori e collaboratori, i colleghi delle nostre Associazioni. Fra tantissime difficoltà abbiamo assistito le imprese, siamo un ancoraggio certo e sicuro in un mare ancora molto agitato. Sono orgogliosa del lavoro che abbiamo svolto, dei sacrifici che abbiamo fatto. Abbiamo raccolto le grida di aiuto e a volte di disperazione di tante imprese. Lo abbiamo fatto con serenità, pacatezza e abbiamo lavorato con energia e forza per fare tutto ciò che potevamo. Grazie ancora.
È vero, in poco tempo tutto è cambiato. E tutto sarà diverso, ma non è detto che sarà peggio. Abbiamo il dovere di preparare un futuro migliore. Certo, le cicatrici sul corpo della nostra economia sono ancora profonde, vive e non c’è dubbio che le imprese del commercio, del turismo, dei servizi sono quelle su cui, più di altre, si è abbattuto e continua ad abbattersi il peso della crisi pandemica. A causa del Covid, sono a rischio chiusura 150mila imprese, 80mila nel commercio e 70mila nel turismo, nella somministrazione e nei servizi per circa 450mila posti di lavoro in fumo.
Consumi ai minimi storici: 110 miliardi di euro in meno. Per alcuni comparti, nonostante i ristori ed i sostegni, si rischia il collasso. Nel turismo, ricettività e pubblici esercizi, tra quelli rimasti aperti, si può già stimare una perdita annuale superiore al 50% del fatturato. Superiore al 30% nel comparto moda. Per citarne solo alcuni. Per non parlare di quelli che non hanno più riaperto: turismo congressuale, palestre, servizi alla persona. Situazione ancora pesante che non vede soluzioni imminenti. Aspettiamo con ansia i vaccini nel 2021, ma sappiamo che avremo davanti mesi ancora difficili. Ci vorranno almeno due anni prima che l’economia in Europa torni ai valori pre-covid. Per le nostre imprese la priorità è lavorare e tutte sono in grado di garantire la massima sicurezza.
I rumors di queste ultime ore ci preoccupano, ma se l’andamento epidemiologico dovesse riportare ad un nuovo lockdown, lo si faccia con chiarezza e non si lascino le imprese nell’incertezza. Contestualmente all’annuncio delle restrizioni, le imprese debbono avere i necessari sostegni con chiarezza, immediatezza e semplicità. Uno stop and go azzera energie, crea sconcerto. L’impresa deve programmare, investire e per farlo ha necessità di sapere quali decisioni verranno prese con un margine di anticipo. In Germania la chiusura è stata annunciata con una settimana di anticipo e le imprese da subito sanno che riceveranno il 75% del volume perso nei mesi di novembre e dicembre. L’Europa si è mossa con rapidità. La sospensione dei vincoli di bilancio ha permesso di utilizzare ulteriori risorse. Le risorse iniettate nel nostro sistema sono state importanti, ma rispetto ad altri Paesi i tempi di adozione e implementazione delle misure sono stati insoddisfacenti. Provvedimenti complessi, risposte non immediate, procedure incerte. Scelte tecniche discutibili dalla CIG ai crediti con garanzie. Ostacoli che per questo sono parsi insormontabili e ciò ha contribuito a diffondere, soprattutto verso le imprese più piccole, un senso di abbandono. La gestione dei ristori tramite codici ATECO si è trasformata in una decisione penalizzante ed ingiusta per molti imprenditori. I DPCM, pur comprendendo le difficoltà con cui il Governo ha dovuto muoversi, potevano essere decisamente migliorati con il coinvolgimento preventivo dei rappresentati delle imprese. Il ruolo dei corpi intermedi, proprio per ciò che stiamo facendo ogni giorno, va riconosciuto, utilizzato e valorizzato.
Nei momenti difficili e più complessi abbiamo fatto da ammortizzatori, dando servizi ed assistenza alle imprese per districarsi tra le difficoltà di interpretazione dei provvedimenti e le complesse procedure per assolverli. La salute e la sicurezza prima di tutto, lo abbiamo sempre detto, ma si può e si deve fare meglio. DL rilancio, Ristori uno, Ristori due, Ristori ter, Ristori quater. Molte imprese vivono sulla propria pelle il senso di una incomprensibile ingiustizia di un sistema che abbandona i più deboli e non riconosce e rimedia ai propri errori. In una fase di totale incertezza, fra chiusure, sistemi di sicurezza da garantire, era così urgente ripartire con il cashback e con la lotteria degli scontrini? Siamo, purtroppo, ancora per molti versi agli albori di un processo di digitalizzazione compiuto. Il 50% dei registratori di cassa non è ancora adeguato per la lotteria dello scontrino e per il contactless. Abbiamo chiesto la proroga perché partire con il 50% della rete non pronta è una scelta sbagliata, intempestiva. Che dire poi della rincorsa ad ottenere il Cashback che spinge i consumatori a pagare piccoli importi con carte di credito, senza che per acquisti inferiori a 25€ siano state azzerate le commissioni? La conseguenza sarà che per alcune imprese la vendita si tradurrà in una perdita. La chiusura delle gallerie e dei centri commerciali nelle giornate festive e prefestive è stata una scelta discriminante ed immotivata. Gallerie chiuse e grandi complessi monomarca aperti. Una decisione assurda. Proprio oggi il TAR del Lazio discuterà il nostro ricorso.
Lockdown ed on-line vanno a braccetto. Dal mese di ottobre ad oggi 83 milioni di euro di vendite al giorno sono stati letteralmente dirottati dagli esercizi fissi all’on-line. L’on-line è un canale di vendita importante, non va demonizzato, è utilizzato da tante nostre imprese, ma fino ad ora ha goduto di enormi privilegi e non è giusto accusare gli imprenditori che gestiscono gli esercizi di vicinato di non essere adeguati con i tempi. Tanti hanno avviato servizi innovativi, consegne a domicilio, offerte tramite i social, piattaforme di quartiere, ma il web non può essere per tutti. La digitalizzazione invece deve essere a portata, prima di tutto, delle PMI. Si utilizzino le risorse del Recovery Fund anche per creare piattaforme digitali autoctone. Lo shopping web è di fatto monopolizzato da pochi. Un trasferimento di ricchezza dal nostro Paese ad altri. Gli esercizi di prossimità, proprio nel periodo più duro del lockdown, hanno dimostrato la loro importanza e vitalità. Sono una risorsa che dobbiamo valorizzare e salvaguardare.
Quest’anno il Natale, il periodo commerciale più importante dell’anno, viene vissuto con apprensione dalle nostre imprese. Ci sono ancora 10 giorni che potrebbero dare alle nostre imprese una iniezione di fiducia. Dal nostro sondaggio SWG il 46% degli intervistati ha già fatto acquisti per Natale e di questi il 60% è stato comprato on-line. La paura degli assembramenti, le code che si registrano all’esterno degli esercizi, favoriscono acquisti dall’on-line. Per il Natale quest’anno spenderemo tutti meno, lo stop delle vacanze congelerà 12 miliardi di consumi turistici e ristorazione. Il 54% deve ancora acquistare e prevediamo che lo farà presso gli esercizi commerciali delle nostre città! Un ritorno alla tradizione. Un lockdown tra Natale, Capodanno ed Epifania comporterebbe infatti per negozi e pubblici esercizi un’ulteriore perdita di 10 miliardi di euro, di cui 3 miliardi di euro circa di consumi in bar, ristoranti ed altre attività di somministrazione e 7 miliardi in acquisti di beni e prodotti.
Ma arriva il 2021 e si deve voltare pagina. Il Paese, tutto, deve ripartire. Le risorse del recovery fund sono una opportunità eccezionale per modernizzare il Paese e permettere la ripartenza delle imprese. Occorre però prevedere interventi mirati per tutte le imprese con un approccio sartoriale mirato alle MPMI. Dobbiamo garantire piena occupazione e ripresa dei consumi. Vanno poste solide fondamenta per dare il via ad un piano nazionale di rilancio dell’impresa turistica. Vanno sostenute le imprese per garantire occupazione. Una fiscalità di vantaggio a favore di tutte le imprese che hanno subito contrazione di volume di affari superiore al 50%, da valersi sulle imposte da pagare (IVA, IRPEF, IRES, IRAP per gli anni 2020 e 2021) in misura proporzionale alla diminuzione subita.
Possiamo infatti stimare che a fine anno, rispetto al 2019, si registreranno perdite di fatturato superiori al 50%, il 32% degli esercizi commerciali ed il 42,4% delle imprese di alloggio e ristorazione. Un ristoro in divenire da valersi per il 2021 e 2022. Sostegni mirati e non interventi a pioggia per fare in modo che le imprese possano ripartire senza la zavorra di debiti accumulati in un periodo in cui non hanno potuto lavorare. Pertanto, sarà importante confrontarci su una equa riforma fiscale, da mettere in campo e che cambi il rapporto fisco-cittadino. Occorre rendere disponibile il credito garantito per le imprese con un volume di affari fino a 5 milioni di euro. Va poi bloccata l’entrata in vigore delle nuove norme Europee sul credito bancario. Una bomba sulle imprese già in difficoltà e porre rimedio al mancato riconoscimento di leggi dello Stato, come è accaduto per quella sulla patrimonializzazione dei confidi. Bene anche l‘accordo raggiunto per ridurre i canoni di locazione ed affittanza di azienda, concordati e certificati tramite accordi fra proprietà e conduttore. Gli accordi definiti in Commissione Bilancio per la semplificazione delle procedure di occupazione di suolo pubblico ed esonero dalla TOSAP fino a marzo 2021 per pubblici esercizi e commercio su aree pubbliche, vanno nella giusta direzione. Norma che chiediamo venga estesa almeno al 30 giugno 2021. Vanno bloccati sfratti e procedure fallimentari. È giusto investire in infrastrutture e in economia green. La bellezza e la storia delle nostre città va valorizzata con interventi che le rendano più vivibili.
Gli esercizi di vicinato, la distribuzione commerciale diffusa sono la base per città green, a misura d’uomo, vicine alle persone, di grande valore economico ma con una grande valenza sociale. Le risorse del recovery fund siano utilizzate anche per sostenere questa nostra immensa risorsa e si faccia finalmente un atto chiaro per porre fine alle agevolazioni di cui godono le grandi dot-com dell’on-line. Formazione e digitalizzazione debbono diventare strumento indispensabile per non disperdere il patrimonio della rete di prossimità e sul turismo dobbiamo attrezzarci per quando ci sarà la ripartenza. Il nostro Paese dovrà essere più competitivo, meglio attrezzato.
Portiamo l’IVA al 5% e diamo più sostegno alla nostra industria turistica, favoriamo nuovi investimenti, riduciamo il costo del lavoro. Subito un piano per l’infrastruttura turistica, porti, strade, aeroporti, servizi ferroviari, ma anche infrastrutture digitali ed una rete on-line di promozione tutta italiana. Sì ad un fondo “cancella tasse” per le imprese che hanno rinviato i pagamenti delle imposte nei mesi più duri della pandemia.
Intervista a Rainews24: “Con nuove restrizioni altre perdite per 10 miliardi”
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