Torino, 27 ottobre 2015 – Si fanno già sentire, per le vendite delle macellerie, le conseguenze negative a poche ore della diffusione del rapporto Oms sulle carni rosse. “Il calo riguarda non solo le ‘carni lavorate’ ma tutti i tipi di carni rosse perché il consumatore tende a generalizzare”, dice Luigi Frascà, presidente di Assomacellai, l’associazione di categoria che da ieri pomeriggio ha iniziato un monitoraggio nei punti vendita di Torino e provincia. “Speriamo – continua Frascà – che, come è già accaduto in frangenti simili, si tratti di una reazione emotiva destinata a ridimensionarsi velocemente. In caso contrario, il nostro settore rischierebbe non poco. Per questo chiediamo che le autorità pubbliche ci aiutino a inquadrare nei giusti termini l’intera questione. Da parte nostra, iniziamo da oggi una massiccia campagna di informazione in ciascuno dei nostri negozi, in modo tale da ricondurre la vicenda alle dimensioni corrette. Resta l’amarezza di una problematica ancor una volta gestita con toni e argomenti deboli e inadeguati.
“Come operatori, siamo non da oggi persuasi che la salute pubblica vada tutelata. Ci pare, però, che si stiano facendo allarmismi che danneggiano solo la nostra categoria senza portare alcun effettivo beneficio ai consumatori. Intanto, non è corretto generalizzare parlando di ‘carni lavorate’ senza tenere conto delle modalità di lavorazione e degli additivi usati: un conto, insomma, è il salame artigianale preparato con carni controllate e con solo aggiunta di pepe, un conto i prodotti meno controllati. Nei nostri negozi l’attenzione agli ingredienti di base è massima. Per questo serve maggiore chiarezza: in primo luogo, relativamente al campione preso a riferimento dallo studio, inclusi gli stili di vita dei soggetti analizzati e i metodi utilizzati per la produzione degli alimenti; metodi che non sono certo peculiari della tradizione italiana di lavorazione delle carni bovine e suine e dei prodotti di salumeria, che non privilegiano grassi e abbondanza di additivi, soprattutto nelle piccole produzioni artigiane. Il ‘made in Italy’, insomma, anche da questo punto di vista è una garanzia.
“A ciò si aggiunga – precisa Frascà – che la comunità scientifica continua a esprimere posizioni assai variegate, arrivando anche a consigliare di inserire la carne nelle diete per favorire l’assunzione di proteine, vitamine, ferro e le altre sostanze necessarie all’organismo, soprattutto in alcune fasce d’età. Dunque, parlare in modo generico di un pericolo relativo alla carne senza fare alcun riferimento alla filiera di produzione, alle modalità di preparazione e alla quantità consumata non ci pare che sia un buon servizio, neppure al consumatore.
Da una prima, rapida indagine di Confesercenti risulta che anche le attività di ristorazione dedicate esclusivamente o prevalentemente alla carne già nelle giornata di ieri abbiamo subìto i primi contraccolpi negativi. “Anche questo tipo di attività – dice la Fiepet, l’associazione di categoria dei pubblici esercizi aderenti alla Confesercenti – rischia di pagare cara la vicenda”.