Il presidente Banchieri: “Si intervenga, o rischiamo il disastro sociale ed economico. Subito contributi a fondo perduto, cancellazione dei tributi locali, rinvio delle scadenze, prolungamento della cassa integrazione, fondo di sostegno per il turismo”
Torino, 27 aprile 2020 – “Non so se c’è da essere più delusi o preoccupati, ma certamente il rinvio della possibilità di apertura dà un altro durissimo colpo alle attività commerciali già provate dal lungo lockdown. Attività che, per una parte sempre più significativa via via che passano i giorni, rischiano di non riaprire a meno di interventi forti, decisi e immediati che finora non si non visti, né a livello locale, né a livello nazionale. Peraltro, siamo anche convinti che – al di la delle misure economiche – sarebbe stato e sarebbe possibile riaprire prima i nostri negozi: un adeguato protocollo con precise norme di comportamento consentirebbe certamente di farlo. Perché – a differenza di ciò che è successo con le attività produttive – si è escluso di seguire questa strada? Siamo convinti che si debbano trovare delle soluzioni per coniugare salute e ripartenza. Noi siamo pronti a definire protocolli di sicurezza aggiuntivi, specifici per le nostre attività, in grado di consentire una riapertura anticipata rispetto a quanto previsto dal decreto di ieri“: così Giancarlo Banchieri, presidente di Confesercenti, descrive lo stato d’animo dei commercianti di fronte alle disposizioni del nuovo decreto governativo.
“Le nostre categorie – spiega – sono sempre più esasperate da una situazione che si fa facendo ogni giorno più pesante: si sperava in progressive riaperture a partire già dal 4 maggio e invece si rinvia non all’11 – altra data ipotizzata – ma al 18 per le attività di vendite e addirittura al 1° giugno per quelle della somministrazione. A fronte di ciò, i tanto sbandierati provvedimenti di sostegno economico continuano a latitare chissà ancora per quanto. E allora Confeserecenti lancia un’ennesimo appello alle istituzioni: intervenite, o sarà troppo tardi e dovremo fare i conti con un disastro sociale ed economico senza precedenti. Riapertura anticipata o no, ci sono cose da fare subito sia a livello locale che a livello nazionale: da una parte l’indennizzo per le chiusure prolungate, dall’altra misure atte a modificare la struttura dei costi delle aziende che – anche quando ci sarà la riapertura – lavoreranno per un lungo periodo a scartamento ridotto. Ecco allora che – sul primo versante – appare necessaria l‘immediata cancellazione (non il rinvio) dei tributi locali per il periodo di chiusura e abbattimento per il periodo di restrizione attività e la previsione di indennizzi a fondo perduto; poi il prolungamento della cassa integrazione per i dipendenti e la cancellazione di tributi locali.
“Per quanto riguarda i costi aziendali: robusta decontribuzione per i lavoratori che ritornano attivi, forme di microcredito agevolato ben più semplici di quella attualmente prevista, rinvio al 2021 di tutti gli adempimenti fiscali e contributivi, con una forte riduzione dell’Irap in particolare; e ancora, l’abbattimento degli affitti commerciali attraverso il riconoscimento di un credito d’imposta ai proprietari, poiché il credito di imposta – parziale e per il solo mese di marzo – riconosciuto alle aziende non consente loro un immediato risparmio sul canone, Appare anche necessario prevedere la completa defiscalizzazione (e non solo l’abbattimento Iva annunciato) dei Dpi e contributi per la digitalizzazione dei negozi di vicinato.
“Rimane drammaticamente aperta la questione del turismo, che purtroppo sconterà grandi difficoltà ben oltre le date di apertura previste dal decreto. È dunque indispensabile l’istituzione di un fondo speciale, senza il quale il settore è destinato a non rialzarsi. Infine, va data almeno la tranquillità e la sicurezza della continuità aziendale a una categoria che già prima dell’emergenza e a maggior ragione dopo ha particolari particolari difficoltà: gli ambulanti. Chiediamo dunque l’immediato rinnovo delle concessioni per i prossimi 12 anni”.