Torino, 23 febbraio 2021 – Occupazione, consumi, fatturato: sono tutti pesantemente negativi gli indicatori del commercio e del turismo a un anno dall’inizio della pandemia nell’analisi dell’ufficio studi di Confesercenti. Anche in Piemonte, salvo eccezioni, si confermano i settori più colpiti.
“Abbiamo voluto – spiega Giancarlo Banchieri, presidente di Confesercenti – fare un bilancio, come in questo mesto anniversario si sta facendo a livello sanitario. Non perché l’àmbito aziendale e quello della salute pubblica siano paragonabili, ma per sottolineare il fatto che la crisi economica sta aggiungendo problemi a problemi e rischia di rivelarsi una ‘bomba sociale’ pronta a esplodere”.
Occupazione – Nonostante il blocco dei licenziamenti, negli ultimi dodici mesi la pandemia ha ‘licenziato’ soprattutto gli indipendenti: in Piemonte oltre 12.000 fra titolari e collaboratori/coadiuvanti. Questo numero rappresenta circa la metà della riduzione dell’occupazione registratasi nella nostra regione e il 25% erano imprese con dipendenti.
Cassa integrazione – Anche per questi ultimi le difficoltà sono evidenti: commercio e turismo da soli hanno assorbito in questo ultimo anno quasi il 60% delle ore di cassa integrazione sul totale di quella concessa in Piemonte (circa il 35% per il commercio e circa il 25% il turismo).
Consumi – Per commercio e turismo nel periodo febbraio 2020 – gennaio 2021 si è registrata una perdita di spesa complessiva di 10 miliardi rispetto agli stessi mesi del 2019, dovuta sia alle chiusure forzate delle attività, sia al perdurante smart working, sia al timore del futuro che induce i piemontesi a limitare gli acquisti.
Fatturato aziendale – Dal panel di aziende monitorato da Confesercenti, che costituisce un attendibile campione dell’universo piemontese, si rileva un calo di fatturato medio fra il 35 e il 40%, con punte molto più alte nel settore del turismo: -70% per gli alberghi, campeggi e rifugi alpini, -60% per bar e ristoranti, -80% per bus turistici e noleggi con conducente, -90% per guide, agenzie di viaggio e animatori turistici. E poi -30% nel dettaglio non alimentare (sia negozi, sia mercati), con il settore abbigliamento e calzature in particolare sofferenza (-40%). Vendite in calo anche nella distribuzione carburanti (-30%).
Risultati in controtendenza – Sono essenzialmente quelli del settore alimentare, che registra un incremento del 10-15% e un ritorno dei consumatori al negozio di vicinato: una delle poche note positive in una situazione assai critica. Un altro settore che vanta risultati positivi è quello delle librerie: dopo anni di calo, dall’inizio del lockdown e sino a ora, ha registrato incrementi nelle vendite che si possono valutare nel 20% in media.
Intermediazione – Sono gli agenti di commercio, che in gran parte hanno seguito l’andamento dei settori in cui operano. A fronte di un calo medio delle provvigioni del 30%, si registrano punte positive del 15-20% nell’alimentare, ma anche vistosi decrementi nell’abbigliamento (-50%), nell’Horeca (pubblici esercizi e accoglienza: -65%), per non parlare del disastroso -90% nel turismo.
“La situazione delineata da queste cifre – commenta Banchieri – è drammatica: lo sanno benissimo i colleghi, perché l’hanno vissuta e la vivono ogni giorno. Ma se non si interviene con provvedimenti finalmente efficaci e sostanziosi, il 2021 rischia di essere ancora peggiore. Finora le imprese in qualche modo hanno retto e hanno scommesso sulla ripresa; alcune, anzi, sono ‘reinventate’, alla scoperta di nuovi mercati e di nuove modalità di consumo; la cassa integrazione e i pur insufficienti ristori hanno in parte mitigato l’emergenza. Tuttavia, la resistenza delle imprese è al limite: o cambia davvero qualcosa, o il 2021 sarà l’anno della resa”.