“Le vendite al dettaglio a luglio segnano una battuta d’arresto, dopo il balzo del mese precedente”. Lo rileva l’Istat, registrando un calo dello 0,2% sia in valore sia in volume rispetto a giugno. Su base annua le vendite restano stazionarie, in valore, mentre scendono dello 0,4% in volume. Se si guarda al dato in valore, considerando quindi anche l’andamento dei prezzi, almeno l’alimentare tiene. Guardando solo alle quantità la contrazione risulta generalizzata (anzi su base annua a fare peggio è l’alimentare).
“Rispetto a luglio 2016, le vendite al dettaglio restano stazionarie in valore e diminuiscono dello 0,4% in volume. Per i prodotti alimentari si rileva una crescita dello 0,2% in valore e una flessione dello 0,7% in volume. Le vendite di prodotti non alimentari registrano diminuzioni dello 0,1% in valore e dello 0,2% in volume. Sempre su base annua, le vendite al dettaglio registrano un aumento dello 0,3% nella grande distribuzione e una diminuzione dello 0,2% nelle imprese operanti su piccole superfici”.
“Nella media del trimestre maggio-luglio 2017 – conclude l’Istat – l’indice complessivo del valore delle vendite al dettaglio registra una variazione nulla rispetto al trimestre precedente. Nello stesso periodo, per le vendite di beni alimentari si rileva una diminuzione dello 0,1% in valore e un aumento dello 0,3% in volume; per quelle di beni non alimentari un aumento dello 0,1% in valore e una variazione nulla in volume”.
I negozi non vedono la ripresa. I dati sulle vendite al dettaglio di luglio confermano, purtroppo, il quadro di profonda incertezza sul fronte della domanda interna. La nuova battuta d’arresto, in cui neanche i saldi sono riusciti a ‘scaldare’ le vendite, dimostra che il ‘risveglio’ dei consumi tarda ad arrivare, la ripresa della spesa delle famiglie non decolla – resta ancora al di sotto dei livelli pre crisi con un gap di circa 36 miliardi da colmare per il quale bisognerà aspettare almeno il 2019 – ed il piccolo commercio continua a soffrire: dal 2007 ad oggi sono scomparse per sempre oltre 108mila imprese del commercio in sede fissa, il 15% del totale. Questo il commento dell’Ufficio economico di Confesercenti sulle rilevazioni Istat.
Se alcuni recenti indicatori economici segnalano che la nostra economia si sta rafforzando, per il commercio tradizionale i segnali sono in controtendenza: le vendite del commercio al dettaglio registrano una frenata nel mese di luglio, sia in valore che in volume. In volume, si tratta della quarta variazione mensile negativa su 7 mesi ed una vera accelerazione, in realtà, non c’è mai stata. Il dato negativo, inoltre, coinvolge sostanzialmente tutti i comparti tranne utensileria per la casa e ferramenta, altri prodotti – gioielleria ed orologi – ed abbigliamento. Il dato è preoccupante poiché fotografa una situazione che sta volgendo al negativo: nei primi 7 mesi, infatti, la variazione delle vendite in volume è pari a -0,6 punti percentuali, quando già il 2016 si era chiuso con una variazione pari a -0,3%.
Nonostante l’accenno di ripresa dei consumi, quindi, l’aumento di spesa delle famiglie va a beneficio soprattutto di settori diversi dal commercio al dettaglio in sede fissa – quali ad esempio i servizi, i viaggi e le attività ricreative -. Sebbene si sia registrata una maggiore capacità di spesa dei consumatori, quindi, anche quest’anno potrebbe diminuire la percentuale delle vendite al dettaglio sulla spesa totale della popolazione, che si attesta nella media dei Paesi UE-28 intorno al 30%. In Italia, se questi dati dovessero essere confermati a fine anno, la quota parte scenderebbe al 25% della spesa totale dei cittadini: il 16% in meno dell’incidenza media europea.
Infine – a dimostrazione di come stia proseguendo, inesorabile, il trasferimento di quote di mercato dai piccoli alla Grande distribuzione organizzata dovuto in primo luogo alla liberalizzazione, insostenibile per le imprese familiari e che deve essere ripensata – mentre luglio segna un recupero di tutti i format della Grande distribuzione, tale da portare la variazione per i primi 7 mesi all’1% in valore e stimiamo allo 0,2 in volume; per le imprese operanti su piccole superfici rileviamo, invece, una diminuzione di 0,6 punti in valore, stimando l’1,4% in meno in volume. Per le imprese fino a 5 addetti le variazioni in questa parte dell’anno raggiungono, addirittura, il -2,4% e il – 3,2% in volume.
“Ci auguriamo – afferma il Segretario Generale di Confesercenti Mauro Bussoni – che all’interno delle Legge di Stabilità si mettano in campo misure volte a ridurre gli squilibri tra piccoli esercizi di vicinato e GDO che hanno trasformato e distorto, profondamente, il volto delle nostre città attraverso un regime di deregulation dei giorni e degli orari di apertura – introdotto a partire da gennaio 2012 dal Governo Monti – insostenibile per i piccoli e che ha favorito solo la grande distribuzione la cui quota di mercato nel periodo è passata dal 57,7 al 60,2%. Inoltre – conclude Bussoni – occorre rafforzare i consumi delle famiglie per consolidare la ripresa”.