Le stime Istat sull’inflazione nel mese di maggio, tornata sui livelli di marzo dopo l’aumento di aprile, non forniscono ancora certezze. Non si delinea infatti un percorso deciso di riduzione, anche se l’inflazione acquisita per ora è circa 3 punti al di sotto di quella record del 2022. Le nostre previsioni, peraltro, la collocano al 5,7% e fino al 2026 non si toccherà il livello di guardia del 2%.
Così l’Ufficio economico Confesercenti in una nota.
Su questo pesano anche le politiche monetarie della BCE per regolare l’inflazione e l’aumento dei tassi di interesse che hanno avuto forti ripercussioni sulle imprese italiane. Facciamo nostro il monito del Governatore di Bankitalia Ignazio Visco che nella sua relazione annuale ha precisato che ‘occorre prestare attenzione a che l’intensità della sua trasmissione non dia luogo a una frenata eccessiva dei consumi e degli investimenti’.
Il Governatore ha presentato una visione dell’attuale condizione socio-economica italiana tutta da condividere: dalla complessità del sistema fiscale con necessità di semplificazioni all’impegno sull’evasione per far emergere il sommerso. Sul salario minimo la nostra proposta è quella di lavorare sul rispetto e l’applicazione dei contratti nazionali e favorire la detassazione dei rinnovi contrattuali.
Infine, è necessario che le famiglie italiane recuperino potere d’acquisto e capacità di consumo. Un’inflazione sopra il +2% fino al 2025, invece, rischia di bruciare 10 miliardi di euro di potere d’acquisto in tre anni. In termini reali, solo a fine 2025 si assisterà infatti ad un recupero tale da raggiungere i livelli del 2019, ma ci troveremo ancora ad un livello inferiore di 18 miliardi rispetto al 2007. Il calo di potere d’acquisto degli italiani incide negativamente sulla crescita dei consumi e potrebbe depotenziare, di fatto, gli eventuali benefici della riforma fiscale in arrivo.