100 miliardi di consumi in meno rispetto al 2019. Turismo e commercio tradizionale settori più colpiti
La nota odierna diffusa dall’Istat conferma il fortissimo calo, purtroppo atteso, del prodotto per quest’anno: il 9% circa, cifra difficilmente rintracciabile in tempo di pace. Il balzo del terzo trimestre, infatti, non basterà a compensare il peggioramento della situazione economica con la seconda fase dell’epidemia. Mentre la novità è la forte riduzione delle previsioni di crescita per il 2021: dal 6% previsto dal governo nella Nadef, si passa al 4%. Una ripresa, dunque, più faticosa del previsto e che sarà legata al miglioramento delle aspettative con l’arrivo dei vaccini.
Così l’Ufficio economico Confesercenti commenta i dati diffusi dall’Istat sulle prospettive dell’economia italiana nel 2020-2021.
I consumi delle famiglie subiscono un vero crollo: – 10% quest’anno e una ripresa (4,5%) il prossimo che seguirà da vicino la traiettoria del Pil: non eclatante rispetto alle attese. Per quest’anno, si tratta di circa 100 miliardi in meno di consumi, che sono tornati ai livelli del 2014. Dal lato dell’offerta, i recenti conti economici trimestrali hanno indicato come il valore aggiunto del comparto “Commercio, trasporto, alloggio” segni una caduta del 16,2%, maggiore che in tutti gli altri comparti produttivi. In termini assoluti, la perdita dei primi nove mesi dell’anno ammonta a 39,8 miliardi, ossia a due volte l’aumento che era stato conseguito nell’intero quinquennio 2015-19. A risentirne, inevitabilmente, sono i redditi da lavoro del settore, diminuiti nei primi nove mesi di 15,1 miliardi. In sostanza, il 41% della riduzione segnata dal totale dei redditi generati dall’economia italiana ha avuto luogo nel solo Commercio, nonostante il settore pesi solo il 25% sull’occupazione complessiva. D’altronde, a metà anno, le unità di lavoro del comparto risultavano in diminuzione del 21,2%.
Condizioni queste che, purtroppo, si aggraveranno con le nuove misure di restrizione che hanno bloccato la flebile ripresa intercettata nel corso dell’estate, con grave pregiudizio sulle prospettive di vendita nel periodo natalizio. Tutto questo mentre, secondo l’Istituto di statistica, la pressione fiscale risulta aver raggiunto a metà anno il 40,3%, in aumento di un punto rispetto al 2019. Così si rischia di mandare in fumo circa 18 miliardi di consumi natalizi, tra i quali il turismo pagherebbe il conto più salato insieme al commercio, stretto dalla forte concorrenza dell’online. I ristori vanno bene per tamponare le falle dell’emergenza, interventi di sviluppo sono necessari per una robusta crescita dell’intera economia del Paese.