Il clima di fiducia delle imprese torna a migliorare, ma non per i negozi. Secondo le rilevazioni Istat, a marzo l’indice di fiducia delle attività del commercio tradizionale cala di quasi un punto (da 109,7 a 108,8), in netta controtendenza rispetto alla grande distribuzione, il cui indice balza in avanti di oltre 5 punti. A pesare sui negozi, una ripresa dei consumi più debole del previsto e l’onda lunga dell’inflazione, che continua a condizionare le scelte delle famiglie.
Così Confesercenti.
Un sentiment confermato dalle rilevazioni sui consumatori. La leggera flessione dell’indice rispetto al mese scorso continua a segnalare incertezza, anche perché nei primi mesi di quest’anno non ci si è avvicinati ai livelli del 2021, quando la “ripartenza” dopo lo stop imposto dal Covid aveva gonfiato le vele dell’ottimismo. Da marzo del 2022 la serie indica un sentiment delle famiglie non ottimista, statico, seppur tra alti e bassi. Una tendenza altalenante, che però non riesce a riportare l’indice di fiducia delle famiglie sui livelli pre-pandemia.
Complessivamente, per il clima di famiglie e imprese, emerge dunque un quadro di ‘stallo’. Il progressivo rallentamento dell’inflazione – che quest’anno, secondo le previsioni Confesercenti-CER, si fermerebbe al 2,3% – dovrebbe portare a un graduale miglioramento delle prospettive delle famiglie e delle imprese, ma per le attività del commercio tradizionale la strada è in salita: l’inflazione ha spinto i consumatori verso discount e online, e i negozi sono sempre più in difficoltà.
Serve un sostegno: la nostra proposta è istituire una fiscalità di vantaggio per i negozi di vicinato con un fatturato inferiore ai 400mila euro l’anno, un provvedimento essenziale per contrastare la desertificazione commerciale che sta interessando sempre più grandi e piccoli centri urbani italiani, con un grave impatto non solo sul settore ma anche sull’accessibilità dei servizi per i cittadini sul territorio.