La riforma degli ammortizzatori sociali è partita in salita per le piccole e medie imprese del terziario e del turismo. L’assenza di una fase transitoria ha causato difficoltà di tipo gestionale-amministrativo che stanno ritardando l’accesso alle misure. Non solo: il perdurare della crisi pandemica ha portato molte imprese ad esaurire o quasi già nel primo trimestre di quest’anno le settimane di integrazione salariale previste. Imprese che ora, di fatto, sono rimaste prive di ammortizzatori per il prossimo biennio, ancora in piena crisi pandemica e proprio mentre le tensioni create dal conflitto russo-ucraino iniziano a manifestare il loro impatto sulla nostra economia.
Così Confesercenti, che ha partecipato oggi insieme alle altre parti sociali al tavolo aperto dal ministro del Lavoro Andrea Orlando per monitorare i progressi della riforma degli ammortizzatori sociali, anche alla luce della nuova situazione di emergenza internazionale.
Un tavolo utile per risolvere le criticità incontrate sul campo, così come è positiva anche l’annunciata estensione degli ammortizzatori per il settore turismo a tutto il 2022, anche se sembrano insufficienti sia le risorse messe a disposizione che le otto settimane aggiuntive di ammortizzatori previste. Inoltre, troviamo inaccettabile che le PMI in difficoltà degli altri comparti del terziario siano state escluse. Servono certezze per tutti e tempi rapidi.
Soprattutto, è urgente che le settimane legate al periodo emergenziale gennaio-marzo siano neutre ai fini della disponibilità delle settimane fruibili sul biennio mobile. Senza questo intervento, le imprese che hanno già esaurito le settimane previste, e che ancora subiscono gli effetti della crisi, saranno costrette a licenziare. Se infatti volessero ricorrere all’integrazione salariale anche dopo il 31 marzo, vedrebbero negata o ridotta la possibilità, in quanto la disciplina ordinaria consente la fruizione di ammortizzatori sociali per un periodo massimo pari a tredici settimane nel biennio per i datori di lavoro che occupano fino a cinque dipendenti, e fino a ventisei settimane per i datori con un numero maggiore di dipendenti.