Il 14 luglio scorso è entrato in vigore il “decreto dignità” che prevede novità in materia di contratto di lavoro a tempo determinato. La disciplina ora in vigore è quella che illustriamo qui sotto. Dato che il decreto dovrà essere discusso e approvato dal Parlamento, non è escluso che possa subire modifiche. In questo caso provvederemo a informare le imprese.
Contratti a tempo determinato
La nuova disciplina prevede che il contratto a termine “libero” (cioè senza obbligo di indicare la causale) possa essere sottoscritto fino a 12 mesi; dopo si ripristinano le causali, vale a dire le ragioni che giustificano il ricorso da parte del datore a un rapporto di lavoro determinato. In questi casi, si potrà attivare un contratto a termine solo per due motivazioni: esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze sostitutive di altri lavoratori; esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.
La durata complessiva di un rapporto a termine scende da 36 a 24 mesi, sono ammesse quattro proroghe (finora erano cinque) e in occasione di ciascun rinnovo, anche in somministrazione, scatta un incremento contributivo di 0.5 punti percentuali, in aggiunta all’1.4% già previsto, dal 2012, dalla legge Fornero e utilizzato per finanziare la Naspi ( l’indennità di disoccupazione).
La stretta si applica a tutti i contratti di nuova sottoscrizione, ma anche a quelli in corso, seppur limitatamente a proroghe e rinnovi.
Licenziamenti illegittimi
Novità anche sui licenziamenti: il decreto ha modificato le soglie minime e massime in caso di licenziamenti illegittimi da parte dei datori con più di 15 dipendenti nell’unità produttiva o sul territorio nazionale, che passano da 4 a 6 e da 24 a 36 mesi. Per le aziende più piccole (fino a 15 dipendenti) cambia solo l’indennizzo minimo, che passa da 2 a 3 mesi.
> Per saperne di più: Confesercenti / Ufficio paghe e contributi – 011/52201