Nello stesso giorno in cui veniva presentato il rapporto 2017 di SosImpresa-Confesercenti (si veda l’articolo qui sotto) a Torino veniva condannato l’usuraio che era stato denunciato da un associato Confesercenti. La storia è raccontata dalla Stampa in un articolo che si può leggere cliccando qui.
“La lunga crisi non ha trasformato solo l’economia legale, ma pure quella illegale. Come l’usura, che da fenomeno legato alle marginalità sociali è diventato un mercato miliardario e strategico per la criminalità organizzata: non solo Mafia, ma anche boss e clan locali che usano racket e denaro a strozzo per ‘conquistare’ il territorio ed impossessarsi dei beni e delle attività delle vittime, sempre più spesso imprenditori, infiltrandosi così nell’economia sana”.
Questo il tema su cui è stata incentrata la presentazione del Rapporto 2017 di SOS Impresa – Rete per la Legalità, l’associazione antiracket e antiusura promossa da Confesercenti
All’evento hanno partecipato: la Presidente Nazionale Confesercenti Patrizia De Luise, il Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura Domenico Cuttaia, del Presidente di SOS Impresa Confesercenti Luigi Cuomo e del coordinatore nazionale di SOS Impresa Lino Busà.
“Durante la recessione – spiega il Rapporto – il mercato del credito illegale ‘a strozzo’ ha raggiunto un giro d’affari di circa 24 miliardi di euro, e coinvolge circa 200mila imprenditori e professionisti del nostro Paese. Un dato in deciso aumento rispetto ai 20 miliardi stimati nel 2011, poco prima della crisi economico-istituzionale italiana, e che riflette l’aumento dei debiti medi contratti dagli usurati con gli strozzini, passati da 90mila euro a circa 125mila”.
“Le denunce, però, sono rimaste al palo. Di fronte a queste valutazioni e alle stime di SOS Impresa, certamente calcolate per difetto, il numero delle denunce registrate negli ultimi anni appare infatti veramente risibile. Dal 1996, anno di emanazione della Legge 108, a oggi, assistiamo a un calo sistematico e apparentemente inarrestabile del loro numero: nel 2016 sono 408, nel 1996 erano 1436″.
“Ma la recessione – prosegue il Rapporto – non ha solo fatto lievitare il giro d’affari dell’usura. Ha anche cambiato il mercato ed i suoi protagonisti. Tramontato definitivamente (o quasi) lo squalo di quartiere, il mercato dell’usura è infatti sempre più in mano a gruppi organizzati, apertamente criminali e spesso dall’apparenza professionale: se nel 2008 solo il 20% circa degli usurai assicurati alle forze dell’ordine aveva legami noti con qualche mafia, la percentuale è salita al 40% nel 2016. In mano alla mafia, l’usura è diventata uno strumento finalizzato ad impossessarsi delle attività imprenditoriali della vittima e infiltrarsi quindi nell’economia sana”.
“L’elemento di novità, socialmente ed economicamente più pericoloso – si legge ancora – è proprio l’attività usuraia praticata da appartenenti ad organizzazioni criminali. Tradizionalmente le organizzazioni mafiose si sono dedicate solo marginalmente a questo tipo di reato, spesso limitandosi a chiedere una congrua percentuale, il pizzo, agli usurai presenti nella zona sotto il controllo dei clan. Oggi non è più così e la criminalità mafiosa, da presenza marginale nel mercato usuraio, ne è diventata una dei protagonisti, acquisendo quote sempre più ampie del mercato del credito a nero”.
“L’usura di mafia ha trovato forza anche per il modificarsi del mercato del prestito a strozzo. Si segnalano, a questo riguardo, due aspetti importanti: cresce da parte delle vittime l’entità del capitale richiesto. Si tratta di somme cospicue che il prestatore di quartiere non è in grado di soddisfare, mentre l’usuraio del clan, spesso il ragioniere che gestisce la liquidità che deriva dal traffico di droga e delle scommesse, nel giro di poche ore può soddisfare anche le richieste più impegnative. In secondo luogo, paradossalmente, aumentano le sofferenze anche per i prestatori a nero, e solo gruppi particolarmente attrezzati, dotati di un’organizzazione e di un carisma criminale importante, sono in grado di riscuotere con certezza le rate usurarie scadute”.
“Queste ragioni – conclude il rapporto – unitamente alla scarsa punibilità del reato, hanno prodotto un cambio di mentalità: molti boss, piccoli o grandi, non considerano più spregevole tale attività, anzi il titolo di usuraio mafioso s’inserisce compiutamente in quell’economia corsara, immensamente ricca e altrettanto spregiudicata, priva di regole e remore.
Ma chi è l’usuraio? Quali sono le sue vittime? Per comprendere meglio il sommerso mondo dell’usura ricorriamo al monitoraggio del fenomeno operato costantemente da SOS Impresa, a partire dai dati dei soci assistiti processualmente.
Questi elementi sono stati successivamente comparati con l’analisi dei “fatti” di usura verificati nell’ultimo quinquennio in Italia.
Da questa analisi si ricava:
- L’usuraio è in prevalenza un uomo (87%) maturo di età compresa fra i 41 e 53 anni, con un ben 34% che ha superato i 56 anni, nato nell’Italia meridionale (66%).
- Ufficialmente è un imprenditore, ma data l’età molti sono i pensionati (30%) o addirittura disoccupati nullatenenti (5%). Tutti dichiarano un reddito medio basso.
- Significativa la percentuale di liberi professionisti, avvocati e commercialisti in testa (8%) e consistente quella di amministratori o soci di società finanziarie (20%).
- Il 40% di essi è in qualche modo legato alla criminalità organizzata. Erano poco più del 35,8% rilevato nel 2010 e del 20,1% del 2008
- Anche la vittima dell’usura è in prevalenza un maschio (70%), ma con una importante presenza di donne (30%) e con un’età compresa tra i 55 e 58 anni.
- Si tratta di soggetti maturi, nella stragrande maggioranza imprenditori. Vittime e carnefici frequentano gli stessi ambienti economici e sociali, ma hanno altre caratteristiche comuni: età, attività, ambienti ricreativi a dimostrazione di un identico humus culturale”.
“L’usura – ha detto la Presidente Nazionale Confesercenti Patrizia De Luise – il più vile dei reati perché aggredisce chi è debole, chi si trova in difficoltà, chi è disperato. Entra nelle famiglie e le distrugge. Entra nelle imprese, se ne impossessa. Chi riesce ad uscire dalla morsa dei moderni “cravattari in doppiopetto”, ma sono casi rarissimi, non sporge quasi mai denuncia. In Italia l’usura colpisce il mondo produttivo. Si stima che più di 200.000 fra imprese, lavoratori autonomi, professionisti entrano nella morsa; ristoranti, alberghi, commercio al dettaglio e all’ingrosso. Nessuno sfugge. Impressionante il numero di confische che si possono attribuire ad infiltrazioni criminali che hanno con l’usura il grimaldello per entrare nelle nostre imprese. Le imprese che cadono nel vortice dell’usura lo fanno quasi sempre per rispondere ad emergenze impellenti e spesso improvvise. Chiusura di disponibilità bancarie, cartelle esattoriali, ingiunzioni di pagamento da fornitori e a volte si ricorre all’usura perfino per pagare i dipendenti”.
“A volte la rigidità del fisco – ha concluso De Luise – le rateizzazioni impraticabili, gli interessi di mora esagerati fanno involontariamente da spalla all’usura. Così anche la mancanza di risposta legale alla esigenza di credito bypassa la strada dal credito legale al credito illegale. Forse un restyling fatto ora alla legge sull’usura (da noi fortemente voluta) sarebbe opportuno”.