A rendere la norma più rigorosa è l’impossibilità di tornare indietro: una volta adeguata l’età pensionabile verso l’alto, non può più calare
L’introduzione dell’automatismo che lega l’uscita dal mondo del lavoro all’aspettativa di vita in Italia risale al governo Berlusconi del 2009. Norma poi rivista e rafforzata dal governo Monti nel 2011 all’interno della riforma Fornero. A rendere la norma pià rigorosa è l’impossibilità di tornare indietro: una volta adeguata l’età pensionabile verso l’alto, questa non può più calare, anche nel caso in cui l’Istat dovesse certificare un peggioramento dell’aspettativa di vita.
ESTATE 2009, SCATTA L’AUTOMATISMO
Fu la manovra estiva del 2009 (la legge 102) a introdurre e stabilire che l’accesso al sistema pensionistico italiano dovesse essere adeguato all’incremento della speranza di vita accertato dall’Istat. L’articolo 22 ter/II comma prevede che “dal primo gennaio 2015 i requisiti di età anagrafica per l’accesso al sistema pensionistico italiano saranno adeguati all’incremento della speranza di vita accertato dall’Istituto nazionale di statistica e validato dall’Eurostat, con riferimento al quinquennio precedente”. In concreto, se la vita media aumenta ci sarà un adeguamento dei requisiti per
l’accesso alla pensione. La legge 102 prevede tre mesi di aumento ogni cinque anni a partire dal 2015. Successivamente la legge 122 del 2010 introduce l’aumento ogni tre anni (e non cinque).
LA MANOVRA MONTI, IL MECCANISMO DIVENTA PIU’ RIGOROSO
Con il decreto legge 98 del 2011, la manovra correttiva d’estate, la partenza dal 2015 viene anticipata al 1 gennaio 2013 e l’obbligo per l’Istat di comunicare i dati relativi alla “speranza di vita” viene anticipato al 2011. La riforma Fornero a partire dal 2012 non solo conferma il piano operativo sugli adeguamenti alla speranza di vita ma, dopo aver previsto gli adeguamenti nel 2013 e nel 2016, ne introduce uno ulteriore a partire dal 2019.
ADEGUAMENTO SI’, MA SOLO AL RIALZO
Il meccanismo coinvolge tutti i lavoratori, sia privati sia pubblici. Dal 2019 l’aggiornamento è previsto ogni due anni. L’adeguamento vale però solo al rialzo: se la speranza di vita cala l’età per andare in pensione non scende ma resta congelata. Il calcolo viene fatto sulla base degli indici demografici forniti dall’Istat. In particolare si guarda alla speranza di vita a 65 anni.
IL DECRETO DEL GOVERNO PER ELEVARE L’ETA’ PENSIONABILE
E’ un decreto ministeriale Mef-Lavoro a stabilire la nuova soglia per la pensione. Parliamo di un decreto direttoriale, un provvedimento amministrativo cioè che non ha margini di discrezionalità politica. I ministeri si limitano a registrare e applicare i dati elaborati dall’Istat. Il provvedimento va varato 12 mesi prima dell’aggiornamento della soglia. Quindi, il rialzo dell’aspettativa di vita annunciato dall’Istat dovrà essere tradotto in legge dal governo, in termini di adeguamento dell’età pensionabile, entro la fine dell’anno. Ci sono stati due consistenti aumenti dei requisiti pensionistici per effetto degli adeguamenti alla speranza di vita: 3 mesi in piùdal 2013 e 4 mesi in più dal 2016. Per il 2016 e 2017 l’asticella è fissata a 66 anni e 7 mesi per i lavoratori dipendenti e autonomi e per le lavoratrici del pubblico impiego. Mentre è di 65 anni e 7 mesi per le lavoratrici dipendenti del settore privato e di 66 anni e un mese per quelle autonome del settore privato. Il prossimo adeguamento, come stabilito dalla manovra Monti, è previsto nel 2019.