Una tenuta migliore delle attese – anche grazie al boom del turismo – ma che non ci impedisce di entrare nel 2023 a velocità ridotta.
Così Confesercenti commentai i dati sul Pil diffusi oggi da Istat.
Il quarto trimestre si chiude con un rallentamento più contenuto (-0,1%) di quanto avevamo previsto, grazie anche all’apporto di spesa dei viaggiatori stranieri, in netto recupero rispetto al 2021. Si tratta però pur sempre di una frenata, la prima dopo tre trimestri di crescita consecutiva, e sebbene la flessione degli ultimi tre mesi del 2022 fosse preventivata, resta il dubbio su intensità e durata del rallentamento nei prossimi trimestri. Pur avendo una partenza per il 2023 positiva (pari a 0,4%) le prospettive a breve, di tutti gli osservatori, sono pessimistiche e si giunge ad ipotizzare un “controshock”, che collocherebbe la crescita abbondantemente sotto l’1%.
Fino al terzo trimestre del 2022 l’economia è andata meglio delle attese posizionando l’Italia su ritmi superiori agli altri principali paesi europei. L’andamento dei consumi in particolare è stato positivo nel 2022 portando a un pieno recupero dei livelli di spesa pre-pandemia. Questo contrasta con la perdita di potere d’acquisto dei redditi familiari: la crescita dei consumi, quindi, è dovuta a una diminuzione del tasso di risparmio, sceso al di sotto dei livelli pre-pandemia.
La risposta allo shock inflazionistico è stata differenziata per le diverse tipologie di famiglie. Se le famiglie ad alto reddito hanno potuto contare sui maggiori risparmi accumulati nei mesi della pandemia, le famiglie meno abbienti, secondo le nostre stime, vedono ormai quasi la metà del proprio budget impegnata nelle spese per l’abitazione e le bollette.
Adesso che i prezzi dei beni energetici iniziano a rallentare, è dunque necessario valutare di riorientare le risorse disponibili a sostegno dei redditi disponibili e dei consumi, che rischiano di subire, nel 2023, un forte rallentamento, come dimostra la contrazione dei volumi venduti già negli ultimi mesi dello scorso anno. Il taglio del cuneo previsto dalla manovra è un piccolo passo, ma serve di più. La strada giusta sarebbe la detassazione degli aumenti retributivi stabiliti dai CCNL: un intervento che aiuterebbe la ripartenza della contrattazione e dei salari, permettendo alle famiglie di recuperare almeno in parte il potere d’acquisto perduto.