Nel terzo trimestre del 2018 l’Istat stima, nei dati preliminari corretti per gli effetti di calendario e destagionalizzati, che il prodotto interno lordo – Pil – sia rimasto invariato rispetto al trimestre precedente. Il tasso tendenziale di crescita è pari allo 0,8%, aggiunge l’istituto di statistica, specificando che il terzo trimestre del 2018 ha avuto due giornate lavorative in più rispetto al trimestre precedente e lo stesso numero rispetto al terzo trimestre del 2017. La variazione congiunturale è la sintesi di un aumento del valore aggiunto nel comparto dell’agricoltura, silvicoltura e pesca e dei servizi e di una diminuzione in quello dell’industria. Dal lato della domanda, la stima provvisoria indica un contributo nullo sia della componente nazionale (al lordo delle scorte), sia della componente estera netta.
“Nel terzo trimestre del 2018 la dinamica dell’economia italiana è risultata stagnante, segnando una pausa nella tendenza espansiva in atto da oltre tre anni” commenta l’Istat. “Giunto dopo una fase di progressiva decelerazione della crescita – continua l’istituto – tale risultato implica un abbassamento del tasso di crescita tendenziale del Pil, che passa allo 0,8%, dall’1,2% del secondo trimestre”. La crescita nulla nel terzo trimestre registrata dall’Istat è la prima variazione “zero” a partire dal quarto trimestre 2014. La ripresa iniziata nel 2014, nel complesso, ha portato a una risalita del Pil del 4,9%. Il dato rimane comunque inferiore dello 0,3% rispetto al picco del 2011.
“A ottobre, fa sapere ancora l’Istat, si stima un aumento dell’indice del clima di fiducia dei consumatori da 116,1 a 116,6; l’indice composito del clima di fiducia delle imprese subisce invece un’ulteriore flessione, la terza consecutiva, passando da 103,6 a 102,6. Segnali eterogenei provengono dalle componenti del clima di fiducia dei consumatori: si rileva un aumento solo per il clima futuro (da 120,3 a 121,5), mentre quello corrente diminuisce da 114,1 a 112,5, la componente economica resta sostanzialmente stabile (da 137,8 a 137,7) e il clima personale torna a diminuire da 109,3 a 108,7.””Il miglioramento del clima di fiducia dei consumatori – è il commento dell’Istituto – deriva in particolare da una valutazione positiva della situazione familiare e da prospettive favorevoli sia sulla famiglia sia sulla disoccupazione, mentre peggiorano il giudizio e, in misura più contenuta, le attese sulla situazione economica del Paese. Per le imprese, l’indice di fiducia conferma una tendenza negativa e uno scenario di incertezza”.
I dati diffusi dall’Istat ci dicono che tra il secondo e il terzo trimestre di quest’anno la crescita del Pil è scesa dall’1,2 allo 0,8% (-33%). Una frenata grave, ma non inattesa: conferma, infatti, le preoccupazioni già espresse da Confesercenti riguardo il cedimento del PIL e anche dei consumi, il cui tasso di crescita è già rallentato al di sotto dell’1%, il peggior risultato dal 2014. Così Confesercenti sui dati diffusi dall’Istat.
A pesare sulla crescita e sui consumi, performance sotto le aspettative sia dell’industria che del settore turistico. Ma anche la sfiducia degli operatori economici: da inizio anno, l’indicatore di fiducia delle imprese è sceso di 2,7 punti, nel commercio al dettaglio addirittura di 6,5, contro l’aumento di 9,5 punti registrato nei primi dieci mesi del 2017. E’ probabile che il peggioramento sia il riflesso dell’incertezza creata dall’attesa per la manovra e del deterioramento dei bilanci delle imprese e delle famiglie per l’innalzamento dei tassi d’interesse causato dallo spread.
Migliore sembrerebbe il clima di fiducia delle famiglie, aumentato anche a ottobre. Anche in questo caso però il confronto con lo scorso anno evidenzia un chiaro rallentamento delle dinamiche. Nei primi dieci mesi del 2018, l’indice di fiducia delle famiglie è infatti aumentato di 1,1 punti; nello stesso periodo del 2017 l’aumento era stato di oltre 7 punti. Inoltre, nel dato di ottobre il miglioramento è ascrivibile unicamente alle valutazioni che le famiglie danno sulle prospettive future, essendo invece peggiorati i giudizi sul clima economico, personale e corrente. Anche questa residua fiducia sul futuro rischia tuttavia di andare persa a fronte dell’arresto del PIL.
La stagnazione del III trimestre, infatti, rende ormai irraggiungibile o quasi la stima di crescita fissata dal Governo nella Nota d’aggiornamento del DEF, e getta un’ombra anche sulle prospettive per il 2019.
È chiaro, ormai, che l’incertezza non preoccupi solo i mercati, ma che stia contagiando l’economia reale. Le nostre imprese ci segnalano il perdurare del rallentamento delle vendite, e anche il dinamismo del turismo si è appannato.
Il governo deve ristabilire la fiducia tra imprese e famiglie, riorientando con maggior forza i provvedimenti della manovra verso la crescita: la legge di Bilancio, ad ora, ha infatti poco impatto propulsivo. In particolare, è sparita la rivoluzione fiscale: a parte lo stop all’IVA per il 2019, che è un mancato aumento e non una riduzione, gli unici tagli di imposta son sull’IRES e nella flat tax. Eppure, è proprio il fisco la principale zavorra che frena la nostra crescita: è arrivato il tempo di iniziare un piano progressivo, ma puntuale, di riduzione, che deve andare pari passo con l’aumento degli investimenti. O l’economia non tornerà mai a correre”.