L’inflazione rallenta a dicembre, ma il 2022 – certifica l’Istat – si chiude comunque con un aumento del +8,1%, il più ampio dal 1985. Una cavalcata dei prezzi che pesa soprattutto per le famiglie meno abbienti, per le quali l’incremento dell’inflazione nell’anno trascorso è stimabile al +16%. Ed il quadro per il 2023 resta comunque incerto, con una variazione dell’indice dei prezzi che si manterrà comunque sopra il tetto del +5%.
Così Confesercenti, in una nota.
Le prospettive per l’anno in corso, dunque, restano difficili: l’Italia ha il 41% dei propri consumi energetici concentrati sul gas, ed è stato il Paese più colpito dalla crisi energetica in Europa. Nonostante le ipotesi ottimistiche di rientro della situazione, i prezzi dell’energia saranno in media, nei prossimi anni, superiori di oltre il 150% rispetto sia al periodo che va dal 2009 ad oggi sia a quello antecedente la crisi finanziaria. Il 2023 presenta, quindi, molte incognite per famiglie ed imprese: inflazione e caro energia hanno eroso le scorte di risparmi dei cittadini, e la situazione non si stabilizzerà, almeno nei primi mesi dell’anno, neanche sul fronte del mercato delle materie prime alimentari oltreché dell’energia.
Per questo auspichiamo che il Governo intensifichi il sostegno della domanda interna, con il proseguimento delle misure a favore di famiglie ed imprese. A partire dalla pressione fiscale: bene il mini-taglio del cuneo fiscale inserito in manovra, ma occorre fare di più per avere effetti più sostanziali sulla spesa delle famiglie. Come chiediamo da anni, si potrebbe intervenire sulla detassazione degli aumenti retributivi, un provvedimento che darebbe una spinta alla ripartenza della contrattazione e, quindi, ai salari.