Le cene all’aperto non bastano. Tra divieto di consumo all’interno e coprifuoco alle 22, la cosiddetta riapertura dei pubblici esercizi è stata un flop: a 20 giorni dalla ‘ripartenza’ del settore, il 62% delle attività segnala di non avere recuperato fatturato rispetto alle settimane precedenti.
È quanto emerge da un sondaggio condotto da Swg per Confesercenti su un campione composto da oltre mille imprenditori della somministrazione.
A vedere risalire un po’ le vendite, per ora, è solo il 38% delle attività, percentuale che coincide con la quota di imprese che avevano già allestito uno spazio esterno da destinare al consumo: un’ulteriore 30% lo sta allestendo ora. Ma anche chi è riuscito a organizzarsi non ha registrato alcun boom: due terzi delle imprese registrano recuperi del fatturato inferiori al 30%.
Lo scoglio più difficile da superare, suggeriscono le imprese, è il divieto di consumo dentro i locali: sebbene l’85% dei comuni abbia messo a disposizione tariffe calmierate o spazi gratuiti per il consumo fuori dagli esercizi, il 32% delle attività non ha la possibilità di allestirne. Ma pesa anche il coprifuoco, indicato come la restrizione più dannosa da 1 imprenditore su 4.
“Il migliore indennizzo possibile è tornare a lavorare. Purtroppo, dalle risposte degli imprenditori, il principio del ‘solo all’aperto’, applicato alle imprese della ristorazione, ai pub ed ai bar sembrerebbe stato un flop”, spiega Giancarlo Banchieri, Presidente di Fiepet Confesercenti. “Il divieto di consumo all’interno esclude infatti oltre il 60% delle imprese, nonostante l’ottima disponibilità mostrata dai comuni: le nostre città – e in particolare i centri storici – non offrono spesso spazi adeguati. Allo stesso tempo, il coprifuoco alle 22 taglia le gambe alle vendite di chi invece è riuscito a riorganizzarsi per ripartire. Le imprese del settore, dunque, aspettano ancora una ripartenza vera: un dato di cui bisognerà tenere conto oggi nella cabina di regia e nel prossimo Dl Sostegni Bis”.